lunedì 6 agosto 2012

Quando i titoli di stato erano risk free


Fino a qualche tempo fa con l'espressione risk free identificavamo quel benchmark di rendimento collegato ai titoli a “rischio nullo”:  per antonomasia i titoli di stato (T-Bond). Il risk free (d'ora in avanti rf) rappresentava quel cuscinetto sicuro al di sotto del quale i rendimenti dei propri risparmi o investimenti non sarebbero mai andati. Lo stesso indicatore era ed è alla base dei principali teoremi finanziari che studiano le combinazioni rischio rendimento. Per esempio, nel modello del CAPM (Capital Asset Pricing Model), si conviene nell’identificazione del Market Risk Premium come quella componente aggiuntiva di rendimento dato per accettare un rischio d’investimento maggiore del risk free. È come se dovessimo dare un prezzo a due opzioni del tipo: percorrere una strada più lunga dell’altra. Sicuramente, caeteris paribus, percorrere la strada più lunga avrà un prezzo maggiore rispetto l’opzione di percorrere quella più breve. Nello stesso modo, accettando un rischio maggiore, l’investitore razionale pretenderà un rendimento maggiore rispetto ad una attività priva di rischio.

Quello che sta accadendo negli ultimi tempi sembra davvero stravolgere tutte le teorie finanziarie fino ad ora elaborate. È mai davvero possibile che l’incremento esponenziale del rendimento dei titoli di stato italiani e spagnoli siano da giustificare nell’aumento della percezione di rischio da parte degli investitori? Se investire nello stato rende tra il 6 e il 7% (rf), quanto allora dovrebbe realmente rendere investire in obbligazioni, azioni, depositi, ecc.?

La risposta unica alle domande che ho posto a me stesso è semplicemente: “l’opposto”. Prendiamo per esempio il rendimento di un semplice conto deposito (min. 2 max 5%),le obbligazioni di importanti aziende italiane (es. Eni max 6%). Il paradosso va ricercato nel fatto che, il maggior rendimento richiesto per accettare maggior rischio (MRP) sia diventato meno remunerativo di un risk free. Sarebbe azzardato dire che il MRP e il RF si sono scambiati i ruoli?

Un ulteriore pagina della storia della finanza sembra si stia scrivendo negli ultimi tempi. I paradossi più eclatanti vanno dall'eccessiva volatilità dei titoli di stato italiani e spagnoli al rendimento negativo registrato negli ultimi giorni dai titoli di stato tedeschi: rendimento negativo. Vediamo nel dettaglio cosa vuol dire. Significa che gli investitori, pur di mantenere una posizione di “sicurezza” del proprio capitale preferiscono investirlo in attività a rendimento zero (negativo al netto dell'inflazione) piuttosto che mantenere posizioni liquide, sicuramente più esposte alle impennate inflazionistiche di breve periodo. Nella posizione opposta invece, troviamo i titoli italiani e spagnoli, fortemente colpiti dalla speculazione finanziaria degli ultimi tempi, si tratta di bond che, pur garantendo un determinato rendimento a breve, medio o lungo termine, sono altamente influenzati dalle oscillazioni di prezzo del valore nominale.
Nello specifico, quando i tassi di rendimento dei titoli di stato aumentano a causa di un incremento del rischio percepito dagli investitori, il relativo valore nominale diminuisce.

In pratica, nello scenario economico attuale, investendo in obbligazioni di stato ad alta volatilità significa accettare un rischio perdita alto, specialmente nel breve periodo. Il rendimento (certo) che assicura lo stesso titolo, potrebbe essere cancellato dalla variazione del valore nominale dell'attività sottostante.
È davvero giusto continuare a parlare di titoli di stato come investimenti risk free?


 LS

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