venerdì 3 agosto 2012

La razionalità limitata nello start-up


Negli ultimi tempi, a causa della contrazione del mercato del lavoro e della pungente crisi economica, tante piccole realtà imprenditoriali cercano la loro opportunità per nascere e svilupparsi, in parole povere: “tanta voglia di start-up”. È sicuramente positivo, in particolar modo per i giovani avere la capacità di pensare e sviluppare soluzioni innovative da trasformare in concrete realtà imprenditoriali, nello stesso tempo però la scarsa conoscenza e l’eccessiva aleatorietà del percorso imprenditoriale che si vuole seguire sono causa di insuccesso dell’iniziativa.
L’errore più comune che si commette nel voler diventare imprenditori è omettere al nostro “spirito del fare” alcune domande fondamentali. Si è infatti portati ad immaginare quale sarà il risultato finale della nostra iniziativa piuttosto che quale sarà il percorso da seguire per arrivare al conseguimento di un risultato specifico. Nella mia esperienza da consulente, ho incontrato spesso tanti ragazzi pieni di idee e tanta voglia di fare ma carenti di metodo, significa: aver incontrato potenziali imprenditori che avevano in mente un “ideale”, diverso dall’idea, senza gli strumenti conoscitivi atti alla realizzazione.
Credo fermamente che, il percorso di un giovane imprenditore nella nascita di una Start-up sia complicato e pieno di insidie da superare, l’idea d’impresa comporta sacrifici, in primis di tipo economico ma anche di tempo da dedicare e soprattutto costanza sul percorso da seguire, e voglia di conseguire un risultato. È per questo motivo che, nella fase “embrionale” dello sviluppo di un’idea imprenditoriale, cerco di comunicare al futuro imprenditore l’importanza dell’autoanalisi attraverso la risposta ad alcune semplici domande: 1-Come intendi sviluppare il tuo percorso d’impresa; 2-pensi di riuscire a sopportare finanziariamente l’impresa che andrai a creare; 3- quali sono le caratteristiche che identificano al meglio il prodotto/servizio che andrai a offrire; 4- come immagini il risultato finale.
Sono delle semplici domande che contraddistinguono chi effettivamente è in grado di diventare imprenditore e chi no. Del resto, il ruolo che identifica il “prenditore di rischio” non è per tutti, non si tratta di una discriminante sulle capacità individuali, bensì consapevolezza di comprendere come non possiamo essere tutti imprenditori, tanto quanto tutti dipendenti. Un sistema economico efficiente di fatti, si compone di buoni imprenditori e buoni operai, ad ognuno il ruolo che gli compete…
Ritornando alla nascita dell’idea d’impresa accomunata da individualità davvero predisposte, è bene evidenziare come, nello start-up, spesso e volentieri non si è in grado di agire, è come se tante belle idee rimanessero appese ad un albero. È proprio questa, a mio modesto avviso, una delle fasi fondamentali per lo sviluppo dell’idea, solamente una consulenza mirata e in grado di comprendere una buona parte della variabili, può essere di notevole aiuto.
Herbert Alexander Simon, una delle più fulgide menti del secolo scorso, affermava che: “Gli uomini agiscono in catene tendenzialmente ininterrotte di mezzi e di fini, dove ogni azione serve a prepararne un’altra e queste catene consentono di affermare che, in linea principio, i comportamenti di umani, e nello specifico i comportamenti economici-amministrativi, sono orientati da criteri di razionalità limitata…”. L’obiettivo di questa citazione è importate per comprendere il ruolo “della razionalità limita” che l’imprenditore, nella fase di “eccentrica enfasi iniziale” potrebbe avere.
Penso quindi che, lo sviluppo e la nascita d’impresa debbano seguire un percorso ben definito: da una parte un attento studio e mappatura logica dei processi economici e amministrativi (ruolo che dovrebbe coprire il consulente), dall’altra, il vero imprenditore libero di sviluppare e testare le diverse congetture teoriche e pratiche della sua business idea. 

LS

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