Con l’entrata in vigore del D.L. 201/2011
art. 12, dal 6 dicembre 2011 non è più consentito l’uso del contante per
transazioni riguardanti beni e servizi superiori a 1.000 €. Il legislatore, nel
testo definitivo del suddetto decreto ha voluto porre alcune eccezioni, tra le
poche, quella inerente lo scambio di beni e servizi con cittadini non italiani
e non residente nell’area Euro. In pratica, per questi ultimi, il limite dei
1.000 € non vale, per usi turistici gli stranieri possono usare liberamente il
contante. Apparentemente il provvedimento sembrava aver “salvato” tutte quelle
categorie del commercio a stretto contatto con buyer esteri, pensiamo per
esempio alle grandi griffe della moda presenti nei passeggi dei più noti centri
italiani, il mercato dei gioielli, delle auto di lusso ecc.
Con una circolare resa nota nella
giornata del 12 luglio 2012, la direzione V Antiriciclaggio del Ministero
dell’Economia, ha fatto chiarezza in merito alla questione, sono state varate diverse
disposizioni per non incappare nella segnalazione di riciclaggio da parte degli
intermediari finanziari abilitati al
deposito del contante.
Per gli operatori del mercato, a
diretto contatto con potenziali clienti stranieri che utilizzano contante
superiore ai 1.000€, una serie di adempimenti burocratici
potrebbero scoraggiare l’operatore a concludere la transazione oppure a
optare a forme di scambio di tipo evasivo, esempio non rilasciando la fattura o
ricevuta. Vediamo nello specifico di cosa si tratta.
L’operatore economico potrà
accettare denaro contante da parte di cittadini non italiani e residenti al di
fuori dell’UE entro il limite di 15.000 €. Nella fattispecie per le transazioni
in contanti comprese tra i 1.000 e 15.000 euro il cedente dovrà attenersi ad
una serie di adempimenti e considerazioni:
- il trasferimento deve essere finalizzato all’acquisto di beni e/o di prestazioni di servizi legati al turismo;
- l’acquisto che origina il trasferimento deve essere effettuato da persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana, fuori Ue, e con residenza fuori dal territorio dello stato;
- all’atto dell’effettuazione dell’operazione, il cedente del bene o il prestatore del servizio deve provvedere ad acquisire fotocopia del passaporto del cessionario o del committente nonché apposita autocertificazione di quest’ultimo, attestante la condizione di essere cittadino extra UE e nonché non residente;
- il denaro contante incassato deve essere versato in un conto corrente intestato al medesimo cedente o prestatore di servizio presso un operatore finanziario (banca);
- il versamento di cui al punto 4 deve essere effettuato nel primo giorno feriale successivo a quello di esecuzione dell’operazione;
- il cedente o il prestatore di servizio, per avvalersi della deroga deve, altresì, inviare apposita comunicazione preventiva, anche in via telematica, all’Agenzia delle entrate e indicare nella comunicazione gli estremi del conto corrente che il cedente del bene o il prestatore del servizio stesso intende utilizzare ai fini di quanto previsto dal punto 4).
- copia della ricevuta della suddetta comunicazione all’Agenzia delle entrate deve essere consegnata all’operatore finanziario.
Da considerare
che, in merito alla comunicazione ai punti 6 e 7 va effettuata una tantum, il
conto corrente (punto 6) da utilizzare per il deposito di denaro contante può
essere benissimo quello utilizzato solitamente dall’azienda per le altre
transazioni. Per garantirsi però maggiore autotutela, è consigliabile aprire un secondo rapporto di
C.C magari con lo stesso intermediario, ed utilizzarlo esclusivamente per il
deposito di denaro contante proveniente dalle transazioni in oggetto.
Un vademecum
di 7 passi da seguire per non sbagliare, un giungla di adempimenti che oltre ad
interferire sulla possibilità di concludere con successo la compravendita, è un
forte incentivo all’evasione. Il potenziale acquirente straniero, di fronte
alla richiesta del commerciante di ottenere una copia del suo passaporto e la
firma di un’autocertificazione della propria nazionalità evidenzierebbe senza
dubbio perplessità (immaginate di spiegare quanto detto ad un giapponese), tale
da portarlo alla rinuncia dell’acquisto.
In definitiva,
in base a quanto su considerato, il cedente di fronte al dilemma: seguo tutte
le regole ed eventualmente corro il rischio di mancata vendita oppure concludo
la transazione senza rilasciare la ricevuta o fattura? La risposta sembra fin
troppo scontata.
LS
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